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Categoria: FAMIGLIA

Corte Costituzionale, sentenza, 25 luglio 2024, n. 148

Impresa familiare – convivente more uxorio.


Anche il convivente more uxorio versa nella stessa situazione in cui l’affectio maritalis fa sbiadire l'assoggettamento al potere direttivo dell'imprenditore, tipico del lavoro subordinato, e la prestazione lavorativa rischia di essere inesorabilmente attratta nell'orbita del lavoro gratuito. Si smarrisce così l'effettività della protezione del lavoro del convivente che, in termini fattuali, non differisce da quello del lavoro familiare prestato da chi è legato all'imprenditore da un rapporto di coniugio, parentela o affinità. Pertanto, va dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 230-bis, terzo comma, del codice civile, nella parte in cui non prevede come familiare anche il "convivente di fatto" e come impresa familiare quella cui collabora anche il "convivente di fatto"; ai sensi dell'art. 27 della L. 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), la dichiarazione di illegittimità costituzionale va estesa in via consequenziale all'art. 230-ter cod. civ., che attribuisce al convivente di fatto una tutela dimidiata dal mancato riconoscimento del lavoro "nella famiglia", del diritto al mantenimento, del diritto di prelazione nonché dei diritti partecipativi, e quindi significativamente più ridotta rispetto a quella che consegue all'accoglimento della questione sollevata in riferimento all'art. 230-bis cod. civ.

 

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