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Cassazione, ordinanza 5 marzo 2024, n. 5876, sez. II civile

Accettazione dell’eredità - Valore indiziario della dichiarazione di successione – Dimostrazione dell’appartenenza dei beni al patrimonio ereditario.


In tema di accettazione tacita dell'eredità, la dichiarazione di successione, pur essendo un elemento con valore indiziario, necessita di ulteriore corredo probatorio al fine di dimostrare l'appartenenza di determinati beni al patrimonio ereditario, in assenza del quale non può considerarsi sufficientemente provata la sussistenza del diritto.

Il principio della presunzione di buona fede di cui all'art. 1147 cod. civ. ha portata generale e non limitata all'istituto del possesso in relazione al quale è enunciato, e il possessore di buona fede è tenuto alla restituzione dei frutti a far tempo dalla domanda giudiziale con la quale il titolare del diritto ha chiesto la restituzione della cosa, con la conseguenza che - se come nella specie non è contestato che gli originari convenuti fossero in buona fede al momento di apertura della successione - il mutamento della loro condizione soggettiva da buona fede a malafede non può essere riferito ad un'evenienza esterna alla sfera soggettiva dei convenuti, richiedendosi invece una manifestazione di volontà del titolare del diritto volta ad ottenere la restituzione dei beni, manifestazione che si verifica solo con la proposizione dell'azione di petizione ereditaria.

Si considera possessore di buona fede colui che ha acquistato il possesso dei beni ereditari in buona fede, ritenendo per errore di essere erede (o unico erede insieme agli altri chiamati al momento dell'apertura della successione), salvo che l'errore dipenda da colpa grave, e del secondo comma di tale articolo, per il quale l'obbligo restitutorio dell'erede in caso di alienazione a terzi del bene ereditario si limita al prezzo, o al corrispettivo ricevuto, se la buona fede esistente all'apertura della successione permane anche al momento dell'alienazione, avendo altrimenti ad oggetto il valore del bene stesso (come previsto dalla disciplina generale dell'art. 2038, comma 2°, cod. civ.) -, considera che il diritto del figlio naturale riconosciuto di accettare l'eredità deriva solo dal passaggio in giudicato della sentenza di riconoscimento di tale status, che è una sentenza di accertamento per la quale non è ipotizzabile una provvisoria esecutività, e che a sua volta è il presupposto per l'esercizio dell'azione di petizione ereditaria volta alla restituzione dei beni ereditari.